sabato 11 agosto 2012

Lo spinning in mare - Parte prima


TECNICHE DI PESCA CON GLI ARTIFICIALI
NEL MEDITERRENEO


LO SPINNING IN MARE
Parte prima

Introduzione. Le brevi pagine che seguono non hanno e non vogliono avere la presunzione di essere un manuale di pesca a spinning in mare o un breviario sul quale orientarsi nella scelta di attrezzature e artificiali adatte a questa o a quella situazione di pesca, pertanto prescinderanno da un percorso propedeutico per il quale rimando il lettore a pubblicazioni esistenti sull'argomento, come i libri di Giandomenico Bocchi e Claudio Saba (o altri che a breve verranno pubblicati) oppure i validissimi Discussion Board di alcuni siti tematici.
Allo stesso tempo esse non pretendono di voler parlare di spinning in mare vero e proprio, ma solo di un modo in cui si può interpretare la pesca con gli artificiali in mare, fondendo uno stimolo atavico ed imperscrutabile che spesso e con immotivata ragione è alla base della nascita della nostra passione, con quanto di più alto il pensiero umano possa aver a che fare, cioè l'estetica.
Di certo inserire la pesca con gli artificiali all'interno delle technai eleutherioi potrebbe far storcere il naso ai più saccenti, ma senza dover scomodare Baumgarten e la sua
gnoseologia inferiore,  possiamo affermare che l'arte della pesca con gli artificiali non è riducibile alla verità tipica della conoscenza logica. Se così fosse potremmo sintetizzare tutto il nostro argomento in una pura dissertazione di carattere statistico-matematico, dove a determinate condizioni meteo-marine corrisponderebbero modelli, dimensioni e colori degli artificiali con la naturale conseguenza di portarci, in premio alla logica, il voluto e cercato predatore.
Ma la pesca con gli artificiali non è solo logica e non è matematica. E non è possibile ignorare la componente principale della costanza nel successo dell'azione di pesca, cioè quella peculiarità individuale che, a dispetto del pensiero logico, chiamiamo
senso dell'acqua, alla base del quale esiste solo la nostra capacità di osservazione e la nostra interpretazione.
La vera differenza tra un risultato costante ed uno saltuario è data dal senso dell'acqua e quest'ultimo si basa sul concetto del "sapere", sapere in senso alieutico ed ovviamente inteso come percezione mediata dal senso.
Gli anni che stiamo vivendo hanno visto crescere il fenomeno mediatico legato alla diffusione dell'informazione su internet; ma se da un lato questo mezzo ha permesso, almeno in un primo momento, la divulgazione e lo scambio onesto delle informazioni, recentemente stiamo assistendo alla “messa ad requiem” del valore del sapere: forum, blog, discussion bord straripano di saccenza gratuita che spesso proviene da personaggi che, a monte di una modesta esperienza, hanno la capacità di parlare per assoluti.
Nelle pagine che seguono non parleremo mai di "assoluti", ma solo di "variabili" e di "costanti" e, parafrasando Socrate, possiamo affermare che anche nella pesca La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere, perché la storia di questa fantastica tecnica applicata al mare è ancora tutta da scrivere.
Quanto segue è dedicato a chi si riconosce ancora nel valore del sapere, a chi non ha la pretesa del tutto e subito, a chi ha il desiderio di intraprendere un cammino alternativo privo di verità assolute ma denso di stimoli.


Il concetto di spinning in mare. Diversi lustri or sono, quando lo spinning in mare era una tecnica di pesca nuova e messa in pratica da pochi, era veramente difficile poterne dare una definizione precisa che la collocasse all’interno di un una disciplina vera e propria. La comunicazione attraverso internet non si era ancora sviluppata, le poche notizie che arrivavano dall’America erano scarne e confuse e i pochi libri che circolavano, quasi tutti in lingua inglese, erano sostanzialmente dei libri di pesca a mosca in mare, in cui venivano dati brevi cenni di pesca a spinning con tecniche che, per il novanta per cento, derivavano dalla pesca al black bass.
Alla fine degli anni ottanta eravamo veramente in pochi a cercare di pescare con gli artificiali in mare ed i risultati erano talmente scarni che le catture, pochissime per la verità, sembravano eventi eccezionali e fortuiti più che il frutto di una conoscenza alieutica vera e propria. La prima metà degli anni novanta, con alti e bassi, ha visto il numero di spinner in acque salate aumentare notevolmente, ma solo in relazione all’esiguo numero iniziale, mentre la seconda metà faceva ben sperare in virtù dei primi risultati importanti raggiunti qua e là e di cui si vociferava nei circoli di pesca o nei negozi di articoli di pesca. La facilità e l’immediatezza della comunicazione via internet nei primi anni di questo secolo ha dato un’impulso inimmaginabile allo spinning in mare grazie alla possibilità di interscambiare le esperienze in tempo reale e mettendo in contatto persone fisicamente lontane migliaia di chilometri; tutto ciò, sommato alla continuità delle catture, ha contribuito a creare in breve tempo una diffusione capillare dello spinning su tutto il territorio nazionale ed in molte altre nazioni europee.
Oggi più che mai, pertanto, diventa necessario provare a codificare lo spinning in mare in quanto tecnica e distinguerla o differenziarla da altre tecniche che possono essere considerate complementari della stessa, ma che non rappresentano lo spinning in mare.
Certo, se volessimo essere veramente precisi dovremmo iniziare a cambiare il nome stesso, cioè non usare il termine “spinning”; tale termine deriva dal verbo inglese to spin che significa, girare, far ruotare ed il riferimento più palese è quello alle acque dolci e all’uso del cucchiaino rotante per la pesca della trota; la stessa pesca in acque dolci si è man mano arrichita di un’infinità di esche artificiali che hanno letteralmente soppiantato e quasi messo nel dimenticatoio l’antico rotante ed il termine spinning è rimasto tale, sebbene modificato nel senso originario. Per quanto riguarda la pesca con le esche artificiali in mare in queste pagine continueremo ad usare il termine spinning, accettando la storicizzazione e l’evoluzione dello stesso, ma cercando di codificarne il suo utilizzo in mare.
Se dovessimo sintetizzare al massimo il concetto dello spinning in mare o saltwater spinning che dir si voglia, dobbiamo cercare di identificarne le peculiarità di base e di sicuro non possiamo prescindere dal fatto che è una tecnica che consente di “dar vita” al movimento di un’esca artificiale fino a portare un predatore ad aggredire la stessa.
Ora per poter “dar vita” ad un’esca artificiale, cioè ad un pezzo di legno o di plastica la cui forma o il cui nuoto (o entrambi) simulano una situazione esistente in natura, non possiamo non prescindere da due assiomi* fondamentali, cioè:

a) Dobbiamo avere il contatto diretto con l’artificiale.
La canna e la lenza diventano l’estensione delle nostre mani e ci devono consentire di trasmettere i movimenti direttamente all’esca, pertanto, per poter “dar vita” ad un’esca artificiale, dobbiamo essere in grado di muoverla correttamente e quindi gestire qualsiasi suo movimento in modo da poter simulare volutamente le più svariate situazioni esistenti in natura: pesce in fuga, pesce in difficoltà sulla corrente, pesce in passaggio, pesce ferito, etc., etc..
E’ impensabile che tutto questo avvenga correttamente in assenza di un contatto diretto con l’artificiale e l’uso di piombi, galleggianti, galleggianti piombati, etc. mina questo contatto diretto e fa perdere sensibilità e capacità di movimento.

b) Dobbiamo avere una canna che permetta o faciliti i movimenti da imporre all’esca artificiale.
E’ ovvio che la lunghezza di una canna va anche valutata in relazione alla statura del pescatore e alla natura dei luoghi di pesca, ma di sicuro una lunghezza compresa tra mt. 1,80 e 2,40 rappresenta l'optimus nella gestione dei movimenti dell'esca. Va da sé che questa affermazione comporta anche la necessità che l'azione di pesca venga svolta in wading.
In alcuni casi, in particolar modo se peschiamo da scogliere più o meno alte, possiamo tenere in considerazione lunghezze maggiori, ma superare quella massima di 2,70 diventa di impaccio alla maggior parte dei movimenti che possiamo dare ai nostri artificiali e pertanto deficita la stessa azione di pesca.

Alla luce di questi due aspetti, a mio parere inscindibili dal concetto di spinning in mare nel Mediterraneo, possiamo considerare il saltwater spinning una tecnica rivolta essenzialmente alla cattura dei pesci predatori stanziali e/o pelagici attraverso i movimenti di recupero imposti all'artificiale dalla nostra canna.


 * In epistemologia, un assioma è una proposizione o un principio che viene assunto come vero perché ritenuto evidente o perché fornisce il punto di partenza di un quadro teorico di riferimento. L'insieme degli assiomi e dei concetti primitivi costituiscono il fondamento, il "punto di partenza", di ogni teoria deduttiva che si presenti come sistema assiomatico.






1 commento:

  1. In un periodo ed in un settore in cui tanti spinner, anche alle prime armi, cercano di accattivarsi le grazie delle varie aziende produttrici in ogni modo o chi spinna da 4 o 5 anni pensa di aver trovato il bando della matassa, queste pagine "di esperienze VERE e VARIE", no brand e senza alcun scopo di lucro, dare da anni e anni di catture e cappotti entrambi "RAGIONATI", ti fanno solo onore!!!

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